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Festa di Sant’Antonio Abate – Collelongo

16 e 17 gennaio. Rito religioso, processione e festa per tutta la notte in onore di Sant’Antonio Abate

Festa di Sant'Antonio Abate - Abruzzo
16 Gen 2024 - 17 Gen 2024 Abruzzo -Collelongo (L'Aquila)  Cibo-Vino | Feste religiose | Folklore-Tradizioni

La festa di Sant’Antonio Abate si celebra in molti paesi dell’Abruzzo.
Ma se vi affascinano i valori semplici e saldi della montagna e le ritualità immutabili non lasciatevi sfuggire la Festa di Sant’Antonio Abate che si celebra il 16 e 17 gennaio da oltre 400 anni a Collelongo, un piccolo centro nella zona montagnosa del Parco Nazionale d’Abruzzo, in provincia de L’Aquila.

La festa di Sant’Antonio Abate di Collelongo è infatti forse la più antica e quella più densa di ritualità ancestrali e tradizioni autentiche.

I torcioni
I riti hanno inizio il 16 gennaio con l’accensione dei torcioni in legno di quercia, alti più di 5 metri, che illuminano il paese e scaldano i pellegrini per l’intera nottata.
I “torcioni”, ma anche altri fuochi come “farchie”, “focarazzi”, “ceppi” o “falò di S. Antonio”, hanno nella tradizione una funzione purificatrice e fecondatrice, e segnano il passaggio dall’inverno alla primavera imminente.
A sera dalla Chiesa Parrocchiale parte la processione, aperta dalle tradizionali “torcette” portate dai bambini, realizzate “torcendo” ovvero avvolgendo su se stesso (da qui il nome) un virgulto di roverella, cerro o carpine. Tutta la nottata è scandita delle bande e dalla canzone di S. Antonio Abate fino alle 5:30 quando in Piazza della Chiesa vengono distribuiti i “cicerocchi”. 

Festa di Sant'Antonio Abate - Abruzzo
Cuttore

Le cuttore
La festa coinvolge tutte la famiglie del paese e si svolge nelle “cuttore” cioè nel locale centrale della casa.
All’inizio della festa nella “cuttora” viene acceso il fuoco sotto la grossa pentola, anch’essa chiamata “cuttora”, dove vengono messe a bollire per ore pannocchie di granturco in gran quantità.
La “cuttora” è il locale dove per l’intera notte si svolge la festa, dove si ricevono parenti ed amici e dove si ospitano i pellegrini e le bande di suonatori che girano intonando una antica e classica canzone, ricevendo cibo e bevande come ringraziamento per la visita. 

La gestione della “cuttora” era un tempo prerogativa del patriarca che invitava i parenti più prossimi, i quali contribuivano con “coppe” di granturco, vino, farina o salsicce. La festa dentro la “cuttora” dava modo alla famiglia di pianificare la semina e le altre attività della campagna.
Alla presenza del Santo erano vietate liti e quindi il momento era propizio per rappacificarsi e arrivare ad accordi.
A viandanti e pellegrini veniva offerta la “panetta” (pane impastato con uova), qualche ciambella, un bicchiere di vino e, soprattutto i “cicerocche” cioè i chicchi di granturco bolliti e conditi grossolanamente con un po’ di lardo. Alla mattina i “cicerocche” avanzati venivano offerti fuori dalla chiesa come cibo sacrale per gli animali.

La panarda
La cena che dura tutta la notte si chiama panarda ed è un’antica tradizione nata come consuetudine di rifocillare i poveri. È simbolo di abbondanza e di generosità, infatti l’aspetto più spettacolare della panarda sta nella quantità delle portate, che possono anche superare le cinquanta portate, e nella rigorosa etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola consumando tutte le vivande.
Tra le tante portate che vengono servite alla panarda ve ne sono alcune fisse e irrinunciabili come il brodo di gallina, i maccheroni carrati (alla chitarra) all’uovo con ragù di carne di pecora, pecora alla cottora, fave lessate, frittelle di pasta lievitata, le ferratelle e la frutta con cui sono confezionate le corone che ornano la statua del Santo.

Le conche rescagnate
All’alba del 17 gennaio dalle “cuttore” escono le donne giovani vestite con i costumi traizionali portando in testa una conca “rescagnata” (cioè addobbata) riempita di confetti e dolciumi. Arrivate alla chiesa madre le ragazze sfilano per far scegliere la conca e il vestito più bello.
Anche questa è una tradizione antica. C’è chi dice che questa sfilata era anche l’occasione per mostrare le ragazze in età da marito e dare lo spunto per l’organizzazione di matrimoni futuri.

La devozione
Ancora oggi la festa di Sant’Antonio Abate è un momento molto importante per la comunità di Collelongo.
Intere famiglie emigrate tornano per partecipare a questo rito e continuare a sentirsi parte della comunità che si stringe nella devozione sincera al Santo.


Foto da Collelongofoto

 

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